“Ho visto aziende andare male, ma i padri non mollavano mai per far posto ai figli. La voglia di rimanere sempre al comando fa invecchiare le nuove imprese”. Un’analisi severa quella di Angelo Vergani, studioso del fenomeno delle aziende di famiglia nonché presidente di Professional Network, una rete di servizi alle imprese. Per Vergani l’innovazione è un elemento fondamentale, ben vengano dunque le nuove generazioni in azienda e, quando non ci sono i figli, ben vengano anche i manager e gli investitori esterni.
Domanda. La responsabilità della crisi di tante piccole e medie aziende è delle vecchie generazioni?
Risposta. Dico che non credo che all’improvviso lo spirito imprenditoriale sia sparito dalle nuove leve. Ci sono figli capaci che non sono al comando. Il vero problema è che i padri non mollano, la classe dirigente invecchia e invecchiano pure le aziende.
D. Quale è la reazione più giusta?
R. Prima di tutto diamo fiducia ai giovani. E poi, non abbiamo timore di coinvolgere soci esterni e manager capaci. Ben vengano anche i fondi di private equity ma non in un’ottica speculativa. In questo modo si porta in azienda una ventata di innovazione che non può far altro che bene.
D. Come si prepara la successione al comando?
R. L’imprenditore deve scegliere in anticipo il leader del futuro, deve formarlo, fargli fare esperienze di lavoro all’estero in aziende non di famiglia. Quando il giovane è pronto allora può farlo entrare in azienda, fargli fare tutta la trafila e al momento giusto, quando il padre ha intorno ai sessant’anni, consegnargli le redini della gestione.
D. La vendita dell’impresa è un male secondo lei?
R. Non sempre. A volte la vendita, se fatta tempestivamente e con le giuste modalità, può essere la salvezza dell’impresa.
D. Quello del trapasso generazionale è un problema congiunturale o strutturale?
R. E’ strutturale, non ho dubbi. C’è un invecchiamento diffuso della classe dirigente, che è più evidente nel settore dei servizi e meno nell’industria.
Mariarosa Marchesano