La vera leadership si misura nella capacità di creare connessioni autentiche attraverso le differenze culturali. Quando un manager si trova a guidare un team in contesti internazionali, il successo non dipende tanto dall’imporre il proprio stile, quanto dal saper orchestrare un delicato equilibrio tra diverse visioni del lavoro e della vita.
La storia di Alessandra De Gaetano rivela come la leadership più efficace nasca proprio quando si è disposti a mettere in discussione le proprie certezze e ad accogliere nuovi modi di pensare. La sua esperienza dimostra, che il vero trionfo di un leader non sta nell’ottenere obbedienza, ma nel costruire un dialogo autentico, che arricchisce entrambe le parti.
Leadership Interculturale: L’Arte di Crescere Insieme
Il racconto di Alessandra De Gaetano
A volte il successo è “non essere obbediti”
Ore nove del mattino: inizio del Comitato di Direzione.
Presenti: tre su dodici.
Considerando che il quarto d’ora “accademico” a Madrid vale triplo, dobbiamo attendere fino alle nove e tre quarti per avere il team al completo… La riunione, però, era iniziata alle nove e cinque.
Certo, sono italiana, sono donna, sono (relativamente) giovane, sono la nuova Direttrice Generale di Autogrill Iberia, so che le tradizioni locali vanno rispettate, ma la puntualità è il mio pallino.
Non mi aspettavo che il mese seguente avremmo iniziato il Comitato alle nove spaccate, con tutti i Direttori presenti, mug di caffè fumante in mano e occhiaie profondissime (le quattro di notte è l’orario tipico per coricarsi, anche nei giorni feriali… Tanto poi si recupera il sonno durante il lungo week end), ma indiscutibilmente puntuali, in un sovrumano sforzo di compiacenza. Apprezzato!
Inizia così, questa nuova e sconvolgente era per i manager della filiale spagnola, che mai avevano visto uno straniero al comando: fino ad allora, la casa-madre era rimasta molto lontana. Bisognava prendersi reciprocamente le misure.
Io scoprii che i luoghi comuni sugli spagnoli non sono veri: impropriamente generalizzando, si sono rivelati gente seria, efficiente, razionale, rispettosa dei ruoli al di là del genere. Insomma, molto lontani dal clichè del popolo “mediterraneo”.
Inoltre, sono affidabili: sì, fin troppo affidabili! Io invece, vera interprete del modus italiano, nei comitati discutevo sulle decisioni, senza pensare che, il mese dopo, queste sarebbero state…eseguite! Ero abituata ad avere un contraddittorio costante e complesso, con un rimando dei temi a plurimi momenti di approfondimento ed ulteriore discussione, che, invece, nei primi tempi, mancava totalmente nel mio gruppo direttivo.
Tutta questa efficienza mi preoccupava, poiché mi rendeva l’unica responsabile di qualsiasi decisione, senza averla potuta prima soppesare e aver potuto ragionare con i miei validi collaboratori (con l’aggravante di non conoscere il contesto).
Confrontarsi con un ambiente culturale differente – per geografia, settore, credenze o altro – è una delle sfide più impegnative che si devono affrontare durante la propria carriera, soprattutto quando si ha l’obiettivo di ottenere risultati positivi e duraturi.
Il processo è trasformativo in entrambe le direzioni: i due fronti vengono a contatto con aspettative e comportamenti inattesi, devono trovare terreni di collaborazione appropriati e, così facendo, arricchiscono la propria esperienza e la capacità di gestione in situazioni complesse. Al rientro in Italia, ho potuto rilevare una responsabilità dieci volte più ampia rispetto a quella ricoperta prima, anche grazie alla flessibilità che avevo perfezionato nel periodo di espatrio.
Io ed i miei colleghi spagnoli ci siamo evoluti insieme, nel corso del tempo abbiamo affrontato crisi e vittorie in modo unito e solidale, trovando una modalità lavorativa inedita e condivisa: avevano imparato a dirmi di no!
Fu così, che capii di aver coronato il mio successo.