Molteplici sono gli indicatori che segnalano le difficoltà dell´azienda: il calo della quota di mercato, la non competitività dei prezzi, la non adeguatezza dei prodotti al mercato, la fuoriuscita dei collaboratori più validi, litigi a livello di proprietà, difficoltà nella presa di decisioni, situazione economica non brillante, oneri finanziari elevati, indebitamento crescente, carenza di mezzi propri, risultati economici negativi, ecc. Ma quelli che indicano uno stato grave di crisi sono soprattutto le perdite di esercizio (dell´8/10%, in crescita da più di tre esercizi); gli oneri finanziari sul fatturato superiori all´8%, in crescita da più esercizi; il fatturato stabile o in calo da più di tre esercizi; l´indebitamento elevato (rapporto mezzi di terzi su mezzi propri superiore a 5); e l´indebitamento a breve prevalente rispetto all´indebitamento a medio lungo termine.
Se questi sono gli indicatori come è possibile rendersi conto in tempo della gravità della situazione? In primo luogo è necessario aver dotato l´azienda di un appropriato sistema di controllo dell´andamento economico finanziario. Sistema che deve essere in grado di fornire mensilmente questi dati e altri di maggiore dettaglio. Così facendo si può evitare di raggiungere i livelli indicati che sono di grave crisi. Spesso però il problema non sta nella mancanza di sistemi di controllo tempestivo, ma nel non intervento da parte dell´imprenditore. Non vengono prese decisioni di cambiamento a causa di difficoltà interne e spesso a causa di visioni ottimistiche sulla futura evoluzione della situazione. E così la situazione peggiora.
Pertanto, una volta arrivati a una situazione di grave crisi, ma ancora recuperabile, è necessario che l´imprenditore sia fondamentalmente onesto con se stesso e non si nasconda i fatti ma li affronti con determinazione. Se da solo non riesce a farlo è utile che si faccia supportare da un manager esterno a tempo.
Una volta riconosciuta la gravità della situazione, l´imprenditore deve fare alcune verifiche relative alla sua persona e alla sua famiglia. Se l´azienda è di più soci si dovranno verificare anche gli equilibri tra i soci e le diverse situazioni di ciascuno. I punti da verificare non sono molto ma sono di vitale importanza. Le varianti per prendere una decisione su quale strada di risanamento avviarsi sono quattro:
- La voglia di continuare:
se l´imprenditore è demotivato e stanco, allora è meglio che molli. Che cambi mestiere o azienda.
E´ molto più apprezzabile un imprenditore che, capiti i suoi limiti e il contesto aziendale, passi il testimone a qualcuno più preparato di lui che un imprenditore che, per problemi di status, di principio, di orgoglio, continui nell´attività con il rischio di far saltare per aria il tutto, perdendo il patrimonio creato in anni e anni di lavoro.La volontà di continuare è quindi cruciale. Chi meglio dell´imprenditore che rischia in proprio immagine e capitali sa generare energia nelle persone, sa convincere i dubbiosi interni ed esterni, ha fiducia nel futuro e in se stesso ed è tutto proteso a raggiungere l´obiettivo che si è prefissato? Ogni qualvolta ci siamo trovati a lavorare al fianco di imprenditori determinati a farcela l´impegno seppur gravoso è stato portato a termine con successo. - Esistenza di patrimonio immobiliare:
personale o aziendale da smobilizzare al fine di generare la liquidità necessaria. Il fatto che esista del patrimonio da una certa possibilità di riuscita al risanamento perchè permette di non appesantire il conto economico con ulteriori oneri finanziari. Ho sentito spesso consulenti di fiducia dell´imprenditore consigliare di non rischiare ulteriormente, di lasciare andare l´azienda così com´è, di salvare il salvabile e di cadere in piedi. Ciò è giusto soltanto nell´ipotesi che non esista la volontà dell´imprenditore di continuare l´attività (condizione 1). Altrimenti è una manovra inevitabile, poichè le perdite si devono coprire solo con denaro non oneroso e quindi con lo smobilizzo di beni immobili personali o aziendali se non esistono liquidità personali da immettere in azienda. - Disponibilità a investire:
al di là di tutte le dichiarazioni di volontà di continuare la migliore garanzia sta nella disponibilità ad investire in azienda, a immettere denaro fresco non oneroso per realizzare il piano di risanamento deciso. - Capacità di indebitamento:
che altro non è che la fiducia che le banche hanno nell´imprenditore e nell´impresa. Se le banche hanno percepito la volontà di risanamento, hanno fiducia nelle capacità dell´imprenditore e del management, hanno rilevato una ricapitalizzazione e hanno ancora a disposizione delle garanzie reali non sarà difficile ottenere nuova fiducia e rinegoziare la posizione col sistema bancario.
Le strade da seguire per risanare sono sostanzialmente quattro:
il turn-around che significa riduzione di costi ma anche investimenti e ridefinizione delle strategie al fine di ridare slancio e futuro all´azienda. E´ la soluzione più faticosa e difficile che va nel segno della continuità. Perchè si possa seguire la strada del turn-around si devono verificare le quattro premesse all´azione indicate sopra e devono esserci dei pilastri aziendali su cui costruire il risanamento. Quelli essenziali sono il prodotto, l´immagine, l´esistenza di spazi di mercato e le competenze distintive dell´azienda, cioè la capacità di far bene ciò che è importante per il mercato in cui si opera. E´ bene che la gestione di un turn-around sia affidata a un contract manager o comunque una persona non coinvolta nella precedente gestione in modo che possa agire con maggiore libertà.
La cessione dell´azienda è l´alternativa da perseguire quando all´imprenditore manca la volontà di continuare nell´attività o non esistono membri all´interno della famiglia capaci e disposti a interpretare il ruolo dell´imprenditore. Requisito fondamentale per la riuscita è che esista una appetibilità in termini di prodotto, marchio, clienti o beni immobiliari che rendono attraente l´operazione. Anche in questo caso è utile farsi affiancare da un esterno esperto di merger & acquisition.
La cessazione (intelligente) dell´attività rappresenta un´alternativa di solito non considerata. Una specie di ultima spiaggia poichè spesso viene collegata con la liquidazione o peggio ancora con il fallimento. E invece no. Il segrete sta nell´aggettivo intelligente che significa incassare tutti i crediti, pagare tutti i debiti verso i fornitori, realizzare il più possibile dai cespiti aziendali, dismettere gradualmente il personale superfluo, realizzare il magazzino e quant´altro è necessario per ridurre al minimo le perdite. Anche in questo caso può essere utile farsi affiancare da un contract manager. E solo dopo aver gestito intelligentemente la cessazione si passano i libri al liquidatore, di solito un commercialista specializzato.
Continuare sperando equivale alla non soluzione del problema. Eppure sono molti gli imprenditori che, ritrovandosi in una situazione di crisi, non riescono a prendere decisioni radicali. Continuano nella speranza che qualcosa succeda. Un aumento di fatturato, un accordo di collaborazione, ecc. Tutti fatti che regolarmente non avvengono con la conseguenza inevitabile di un peggioramento della situazione. Se in termini umani è giustificabile un tale comportamento, in termini aziendali è quanto di peggio possa capitare a un´azienda: l´immobilismo in una situazione di crisi. Il risultato è uno solo: aumento delle perdite, crescita dell´indebitamento, aumento degli oneri finanziari e conseguente aumento delle perdite. Una spirale perversa da cui è impossibile uscire.