Li chiamano temporary manager, interim manager oppure dirigenti in affitto. Sono gli “interinali” delle alte qualifiche: amministratori delegati, direttori generali, responsabili di funzione. Chiamati nell’emergenza a fare gli “shadow manager”, gli uomini-ombra, gli alter ego dei titolari, manager della provvidenza a cui affidare le sorti dell’azienda in un momento di cambiamento e a volte di difficoltà.
Gli azionisti pensano a loro spesso quando si avverte che c’è qualcosa che non va oppure quando c’è da lanciarsi in un nuovo business, operazione rischiosa, oppure ancora quando c’è bisogno di un passaggio generazionale, quando il bastone del comando deve passare di padre in figlio. Loro, i manager del temporaneo, sono lì, pronti ad assumersi le loro responsabilità, a trasferire know how, a dare il contributo della loro esperienza.
A loro, per la verità, non piace essere chiamati manager in affitto, professionisti a scadenza, Si sentono semmai un po’ come il 113, il pronto intervento, hanno la consapevolezza dell’esperienza e sanno di essere in grado di raddrizzare le sorti aziendali, di gestire fasi turbolente di cambiamento, di guidare con mano ferma dure ristrutturazioni.
Succede in Italia. Il fenomeno dei temporary manager è da molti anni sviluppato all’estero, ma ormai dalla seconda metà degli anni ‘8’ è in lenta ma sensibile crescita anche in Italia. E proprio in questi mesi sta subendo una forte accelerazione. I motivi? Un clima di ripresa e nuovi mercati da cogliere velocemente, rami secchi ancora da potare e, soprattutto, una grande disponibilità, culturale e di risorse umane: i manager usciti dalle grandi e medie aziende, ancora carichi di voglia di fare, di motivazioni, del busto di mettersi alla prova sono tanti, migliaia.
“Pur muovendosi con una certa lentezza il temporary management sta diventano oggi un’opportunità – afferma Giorgio Ambrogioni, direttore generale di Federmanager – Esiste un serbatoio di almeno 8-10 mila manager alla ricerca di nuove posizioni professionali. Noi ci stiamo muovendo, anche con Fondirigenti e Confindustria su un paio di progetti, per non disperdere un patrimonio di esperienza di risorse umane che oggi si arrabattano in piccole consulenze. Certo non giova ai manager a tempo un’immagine, giusta o sbagliata, che circola, che è quella di bucanieri, di mercenari, che arrivano, mettono a posto le cose e se ne vanno, senza lasciare traccia”.
La ricerca di un rapporto fiduciario con l’impresa non sfugge certo ai principali operatori del settore. “Noi operiamo da quasi 20 anni nel settore – spiega Angelo Vergani, fondatore e amministratore unico di Contract Manager – e, a differenza di alcuni, non siamo un’agenzia di smistamento di manager a spasso. Il nostro intervento nelle imprese arriva sempre fino all’assunzione della responsabilità della gestione, dei suoi frutti e dei risultati. Per questo l’intervento è più lungo e, nel caso di un amministratore delegato o direttore generale, dura mediamente tre anni. Noi non forniamo manager corsari, da mordi e fuggi. Ci impegnano sul medio e lungo termine. Non rubiamo il lavoro a nessuno degli interni. Puntiamo alla creazione di un clima di fiducia e siamo molto lontani dalle pratiche dell’interinale, molto diffuse nel Regno Unito (dove i manager sono pagati a settimana). Va riconosciuto che la diffusione del lavoro temporaneo dei dipendenti in Italia ha in qualche modo sdoganato anche il contract e temporary management dei vertici”.
Oltre alla società di Vergani, che tra gli altri ha acquisito nella sua scuderia un manager del calibro di Pier Luigi Zanframundo, una brillante carriera all’Iveco e nel gruppo Fiat, tra i pionieri del temporary operano da tempo in Italia Albino Collini e Domenico Costa con la Tim (Transition management); Guido Tarizzo, Michele Bruno e Lorenzo Prampolini con la Eim (Executive interim management), che rappresenta una partnership internazionale molto nota e indipendente. Mentre vanno segnalati anche Maurizio Quarta, fondatore e responsabile di Temporary management & capital advisor, che ha fondato l’omonimo sito dedicato al tema, nonché un programma di formazione per manager a tempo, e Mietta Confalonieri, animatrice di Atema, che di fatto rappresenta l’unica associazione italiana dei manager del temporaneo.
L’internazionale. Mentre in Italia siamo ancora in presenza di piccoli numeri, pur crescenti, all’estero il temporary management è una consolidata realtà. I Paesi che, nelle diverse forme, hanno maggiormente sviluppato il settore sono l’Olanda, che uò contare su oltre 5 mila manager a tempo, e il Regno Unito, con circa 3 mila professionisti. In Italia, per il tessuto prevalente delle piccole imprese, questa pratica manageriale suscita ancora qualche diffidenza. “Ci sono molti candidati ideali e un contesto aziendale altrettanto favorevole – afferma Guido Tarizzo di Eim Italia. – La diffusione del lavoro flessibile e delle agenzie del lavoro è ormai decollata, anche nella cultura delle persone e delle imprese. Inoltre la contrazione dirigenziale ha creato un’esplosione dell’offerta di manager capaci. Il nostro ruolo è per questo cambiato: più che di intermediazione noi ci occupiamo di miglioramento della qualità e di controllo del nostro intervento”.
Le società di temporary management sembrano non puntare, per lo sviluppo della qualità , sulla creazione di un’ulteriore associazione professionale, quanto invece sulla partnership con analoghe organizzazioni straniere. E’ il caso di Eim Italia, un network internazionale con uffici in Europa, Stati Uniti e Cina (“Abbiamo aperto un ufficio a Hong Kong e uno a Shanghai”, dice Tarizzo); è il caso di Contract Manager di Vergani, che da alcuni anni sta affiancando le aziende italiane che vanno a produrre e commercializzare in Cina (“L’ultimo intervento realizzato è quello della creazione in Cina di uno stabilimento della Zenith pompe”, spiega Vergani) e che è legata al circuito TMG (Transition Management Group), uno dei principali network europei, formato insieme a olandesi, spagnoli, tedeschi, francesi e svizzeri; ed è anche il caso di Temporary management, che ha fondato il Charter italiano dell’Iim (Institute of Interim management), associazione professionale nata nel Regno Unito cinque anni fa.
Insomma, qualità e internazionalizzazione anche in questo settore sono oggi le vere sfide. Insieme a quella di uno sviluppo in Italia, che distingua il temporary e il contract management dal lavoro interinale tout court, dal body renting, dall’executive leasing. Dare una consapevolezza di ruolo e autocoscienza professionale più marcata è il compito dei principali operatori, insieme al fare squadra. Per questo fervono iniziative formative, insolite e outdoor. Come per esempio quella promossa da Contract Manager, che ha organizzato per sabato 24 giugno una gara di rafting tra le rapide del Sesia. Dedicata a tutti i manager del temporary in servizio e ai virtuali, a tutti quelli che, pur non avendolo mai provato, vorrebbero conoscerlo da vicino.
Walter Passerini