Da qualche tempo si sta facendo strada un modello collaborativo tra imprese che punta direttamente all’eccellenza, vediamo di cosa si tratta.
Cos’è il modello collaborativo di Comakership
Con comakership e coengineering, si intende un modello cooperativo tra aziende, normalmente due, nel quale si ha un soggetto cliente che sviluppa una parte di un prodotto complesso o un servizio, in sinergia con un’azienda fornitrice. Il costruttore, comaker, utilizza le competenze, l’alta specializzazione e le strutture produttive.
Gli estremi del modello possono differire principalmente a seconda del settore merceologico e della dimensione artigianale o industriale dei soggetti; tuttavia il carattere distintivo è quello dell’interdipendenza delle parti coinvolte in termini di strutture operative e di tecnologie specifiche.
In molti settori – dall’aerospaziale al biotech- le aziende produttrici, in special modo le PMI, si trovano ad affrontare contenuti e mercati sempre più sfidanti, in termini di competitività (tecnica e commerciale) e di efficienza, offrendo prodotti complessi che includono più parti funzionali o moduli ad alto valore costruttivo o tecnologico.
Possedere e migliorare le competenze e gli assets per sviluppare interamente nuovi prodotti, può richiedere la combinazione di tecnologie afferenti a diverse applicazioni, dalla meccanica alla chimica, all’impiantistica elettrica (e.g. dai trattamenti superficiali alle lavorazioni di precisione, allo sviluppo di software dedicato). Ciò risulta sempre più difficile da realizzare autonomamente.
L’alto grado di specializzazione richiesto, porta ad un necessario outsourcing, che diviene sempre più strategico poiché da esso dipende in buona parte il successo del prodotto finale e in definitiva dell’azienda stessa. La centralità di tale aspetto ha spinto molte imprese a valutare e applicare un rapporto di partnership con i propri fornitori, che vada oltre agli schemi classici (e.g. disegno costruttivo RdA a N fornitori allineamento offerte trattativa ‘sanguinaria’ assegnazione ordine con PO su contratto rigidi).
Come si sviluppa il Comakership
Individuato, da parte del soggetto Cliente, un sottoinsieme funzionale del prodotto, il processo tipico con il quale si realizza il modello cooperativo, si articola secondo alcuni passi operativi caratteristici:
- [Azienda Cliente] Definizione ingegneria funzionale (concept), di base e di dettaglio (costruttiva).
Nota: In alcuni casi, l’azienda Cliente sviluppa solo l’ingegneria di concetto, lasciando l’esecuzione dell’ingegneria di base e di dettaglio costruttivo alla fase successiva, configurando una collaborazione orientata al co-design.
Questa attività comporta una partecipazione del co-maker alla definizione o alla selezione delle soluzioni funzionali e richiede una buona conoscenza delle problematiche tecniche connesse al prodotto nel suo insieme. Per questa ragione, il co-design è demandato a una fase matura del processo di collaborazione o nel caso in cui il co-maker abbia conoscenze ingegneristiche specifiche nella applicazione di interesse. - [Azienda Co-maker] Esame ingegneria di dettaglio e ottimizzazione del progetto in base alle competenze proprietarie, in conformità alle efficienze produttive specifiche (e.g. cicli e tecnologie di lavorazione, semplificazioni di disegno di dettaglio, introduzione componenti alternativi). Già da questo tratto si evince come, ragionevolmente, il co-maker si debba assumere una responsabilità che va ben oltre l’esecuzione del classico “pezzo a disegno”.
- [Azienda co-maker + azienda Cliente] Analisi della compatibilità delle modifiche ed elaborazioni proposte, in funzione delle caratteristiche e performance globali di prodotto e definizione ingegneria costruttiva. In funzione della complessità e delle esigenze specifiche, questa fase è generalmente iterativa.
Nei passi B e C, si realizza la fase di co-engineering. - [Co-maker] Avviamento della produzione in base all’ingegneria costruttiva finalizzata nelle fasi B e C.
Obiettivi congiunti del Comakership
Appare già ora evidente come questo approccio cooperativo sia ambiente ideale per una visione ed esecuzione integrata della progettazione (lean design). Più funzioni delle due aziende sono coinvolte, con l’obiettivo comune, ognuna con il proprio contributo, della riduzione costi, tempi e inefficienze.
I processi tipici in tal senso, sono il Design to Manufacturing e il Quality Function Deployment (QFD).
Il primo viene propriamente dalla reingegnerizzazione di dettaglio di prodotto (nelle sue parti o sottoparti) sul quale il co-maker, per sua vocazione costruttiva, incide in modo diretto.
Il secondo afferisce a una analisi preventiva, generalmente interna all’azienda Cliente, dove un gruppo di lavoro composito, che normalmente implica anche la funzione di marketing tecnico, organizza i dati e le informazioni che convergono dal cliente e da tutti gli enti, necessari allo sviluppo del prodotto o servizio; nel caso si configuri una attività di co-design anche il co-maker è incluso in tale task force.
Il QFD, inoltre svolge un ruolo significativo nella definizione strategica all’origine di tutto il processo di co-makership.
Si comprende pertanto, come tale tipo di cooperazione aumenti la probabilità di trovare soluzioni ottime, in termini di:
- Efficacia: il co-maker, specialista nel proprio settore propone sequenze produttive e soluzioni specifiche, sempre aggiornate rispetto alle tecnologie disponibili;
- Efficienza: l’esperienza del co maker, fornisce una lettura e una rielaborazione dei parametri di ingegneria costruttiva in ottica “design to cost“, in particolare in riferimento ai processi produttivi.
Il co-maker, nel rispetto delle esigenze di performances prefissate, ha dunque un grado di libertà esecutiva che permette di operare anche delle riduzioni sui propri costi e tempi.
Tali efficienze possono essere condivise con l’azienda cliente, in termine di competitività di offerta (del co-maker verso l’azienda cliente che di quest’ultima sul proprio mercato).
Si osservi di nuovo, come la fase di co-engineering sia un processo iterativo, che deve coniugare i parametri prestazionali, normalmente molto stringenti, le semplificazioni esecutive ed eventuali migliorie suggerite.
Comakership learning by doing
I gruppi di lavoro del cliente e del co-maker devono di conseguenza lavorare in stretta sinergia e, data l’incisività delle attività del co-maker, quest’ultimo è chiamato ad assumere un grado di responsabilità dipendente dall’entità delle scelte operate e dunque sul risultato finale, relativo al sotto-assieme o assieme fornito.
L’effettivo funzionamento dei passi esecutivi che caratterizzano la cooperazione, risiede principalmente nel reale coinvolgimento di funzioni chiave dell’organizzazione del Cliente, e, come vedremo meglio nel seguito, in una accurata selezione del co-maker.
È necessario un solido coinvolgimento della funzione ingegneria, che, insieme agli specialisti del co-maker (ufficio tecnico e produzione), discutano e apportino modifiche a valore aggiunto al progetto esecutivo.
Tale dialogo porta frequentemente a una ridefinizione di componenti, assiemi funzionali o intere unità; per questa ragione l’attività congiunta è spesso coadiuvata dalle funzioni produzione (o assemblaggio) e controllo qualità del Cliente.
Il co-maker, dal canto suo, deve essere disposto a leggere la collaborazione in modo non competitivo, pur dovendosi assicurare un corretto profitto; ciò va valutato in una ottica più ampia, considerando il valore della fidelizzazione del cliente e la possibilità di rafforzare la propria specializzazione e crescita nella interazione con clienti che, generalmente, si affacciano su mercati globali. In tal senso, si è spesso fatto riferimento in letteratura al concetto di co-opetition (si veda anche Brandeburger-Nabeluff, “CO-Opetition” HBR, 2002).
Nel corso dello sviluppo dei lavori, gli specialisti vengono a conoscenza di una serie di problematiche, di metodi, di situazioni tecnico-operative e gestionali, osservando da vicino come sono affrontate e risolte.
Massimiliano Arena